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venerdì 29 maggio 2020

"QUALITA'" NELLO ZIBALDONE DI LEOPARDI STEP#20


Nello Zibaldone viene enunciata «la teoria del piacere» di Leopardi - così come esplicitamente lui stesso la chiama. Alla spiegazione di questa teoria dedica una ventina di pagine: esse costituiscono un breve e coeso saggio filosofico, steso, come indicano le date che lo chiudono, tra il 12 e il 23 luglio del 1820.  In questa sezione, l'autore analizza, inizialmente, le qualità del "piacere", e successivamente, cerca  un metodo per soddisfarlo.
Desiderio infinito del piacere, impossibile da soddisfare la riflessione di Leopardi parte da un’idea ben precisa: ogni uomo, nel suo agire, mira «al piacere, ossia alla felicità»; questa tendenza al piacere non conosce limiti perché connaturata all’esistenza; al contrario, i mezzi attraverso i quali l’uomo cerca di soddisfarla, i «piaceri», sono limitati, temporanei ed effimeri. Ne consegue la distanza incolmabile tra desiderio del piacere ed effettiva possibilità di soddisfarlo.
Il desiderio del piacere è infinito per durata (non si esaurisce finché non finisce la vita) e per estensione (il desiderio del piacere è inesauribile perché riguarda il piacere in sé, e quindi non possono esistere singoli oggetti che lo soddisfino); il conseguimento di un oggetto di desiderio non spegne il desiderio del piacere, in quanto risponde con qualcosa di finito a una richiesta infinita; soltanto l’immaginazione può soddisfare il desiderio del piacere – desiderio che è infinito – perché soltanto l’immaginazione può creare oggetti infiniti per numero, per durata e per estensione; l’uomo sperimenta una condizione di felicità quando può soddisfare la propria infinita sete di piacere con questi oggetti infiniti illusori, creati dalla sua facoltà immaginativa.

Inoltre, in una lettera presente all'interno dello Zibaldone, Leopardi descrive la più importante delle qualità dell'essere umano:
Nel loro stato di salvatichezza, non ci potrebbero servire affatto, o ci servirebbero, o diletterebbero assai meno. Così dico degli animali. Ma questo miglioramento è relativo al nostro stato presente, non mica alla natura di quelle razze pretese migliorate, nè alla natura propria nostra. Infatti quelle razze coi miglioramenti che ricevono dalle nostre arti, acquistano qualunque altra qualità fuorchè il vigore, la robustezza, la sanità, la forza di resistere alle intemperie alle fatiche di operare di crescere proporzionatamente. Anzi quanto guadagnano in altre qualità (non proprie nè primitive loro) altrettanto perdono in questa, ch’è il vero carattere della natura in tutte le sue opere, e senza la cui rispettiva dose proporzionata alla natura di ciascun genere, l’individuo è insomma in istato di malattia abituale. V. la Veterinaria di Vegezio, prologo al lib.2. nel passo riportato dal Cioni, Lettera a G. Capponi sopra Pelagonio, not.19. Il vigore rispettivo è la prima e più necessaria di tutte le facoltà, perchè insomma non è altro che la facoltà di pienamente esercitare tutte le proprie facoltà, e tutte le qualità rispettive della propria natura, e tutta la perfezion fisica della propria esistenza. 

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