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mercoledì 29 aprile 2020

"QUALITA'" NEL MEDIOEVO VS MONDO MODERNO STEP#12



Analizzando il concetto di "qualità" nella storia della filosofia, vediamo che molti pensatori lo hanno definito in modi diversi. 
Il sapere filosofico, teologico e scientifico elaborato in età medievale  (secc.VI – XIV) viene designato con il termine SCOLASTICA. Il termine deriva dal fatto che nel Medioevo la produzione intellettuale è legata alle scuole; infatti, a partire dal secolo XIII la ricerca intellettuale si concentra nelle Università, libere corporazioni di studenti e insegnanti, dove la filosofia ha un ruolo centrale per la dimostrazione razionale dei contenuti di fede e coincide sostanzialmente con la lettura e il commento dei testi aristotelici. La filosofia del XIII secolo fu, però, qualcosa di diverso da una semplice esegesi di Aristotele; essa ne fu, infatti,  la reinterpretazione da parte dei cristiani, ma anche alcuni filosofi arabi cominciarono in questo periodo a sostenere le prime argomentazioni. Per esempio, Enrico Di Gand vissuto intorno al 1293, fu un maestro delle arti e poi di teologia all’Università di Parigi. Tra le sue opere più note, troviamo Quodlibeta e Summa teologica. Enrico parte dalla nozione di essere, ma poiché egli intende evitare il necessitarismo greco, egli spiega fin dall’inizio l’ontologia del filosofo arabo in un senso cristiano. Invece di dividere l’essere in necessario e possibile, egli lo distingue analogicamente in: 
 “qualcosa che è l’essere stesso”  : essere creato ;
 “ciò che è qualcosa a cui l’essere conviene o può naturalmente convenire”:     contiene ogni cosa creata.
Per quest ultimo, dunque, l’essere ha delle caratteristiche intrinseche che definiscono l’essere stesso; e altre qualità che, invece, può acquistare con il tempo, caratteristiche a cui aspira. L’essere che non è che l’essere, ma che è tutto l’essere, può chiamarsi indifferentemente il Bene o il Vero, ma egli è tutto questo solo perché egli è ciò la cui essenza è tale che egli è di pieno diritto. L’essere che è “qualcosa di cui conviene o può naturalmente convenire essere” comprende tutto ciò che rientra o può rientrare nelle qualità. Esso si distingue quindi immediatamente dall’essere divino. Andando oltre, egli ritiene che, poiché le esistenze dipendono in primo luogo dalla volontà di Dio, l’intelletto divino non le conosca che mediante quest’atto della volontà divina. In questo caso si può parlare di un certo volontarismo, perciò nell’essere ci sono qualità intrinseche dettate dalla volontà di Dio. Attualizzandolo, la creazione pone ogni essere come identico a se stesso e differente dagli altri. Tra queste creature l’UOMO si definisce come l’unione di un corpo e di un’anima razionale:
Corpo: costituito dalla sua propria forma, caratterizzata da qualità esteriori, visibili a tutti;
Anima: è elevata al di sopra del corpo rimanendo quindi aperta alle influenze intelligibili, con caratteristiche che si ispirano alla volontà divina.
Accettando la distinzione tra intelletto possibile e intelletto agente, Enrico spiega l’astrazione :ciò che l’astrazione ci fa raggiungere è si ciò che la cosa è, e poiché noi la raggiungiamo quale è, la conoscenza che ne abbiamo è fondata sul vero; ma essa non ci fa aggiungere l’essenza intelligibile della cosa.


Il pensiero moderno ha messo da parte, considerandoli dei semplici verbalismi, tipici della scolastica, e insussistenti ai fini di una maggiore comprensione, quelli che Aristotele considerava come i vari significati della categoria della qualità. Così ad esempio nel considerare quella che Aristotele indica come un accidente della qualità, la disposizione, si può vedere come anche senza essa si ha sempre la comprensione: per cui ad esempio dire che l'oppio produce sonnolenza (qualità) non è diverso dal dire che l'oppio ha la disposizione dormitiva (accezione della qualità).

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