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domenica 22 marzo 2020

LA STORIA DEL TERMINE "QUALITA'"_STEP#02

"Qualità" deriva dal latino "qualitas -atis" derivato da "qualis", ricalcato da Cicerone dal greco  ποιότης, qualità, da ποῖος, quale. Per poter tracciare la storia del termine si deve, dunque, analizzare la società romana, così da poter delineare le qualità che in quell' epoca la caratterizzavano.

Dal punto di vista morale, le qualità che doveva avere un buon romano erano dettate dalle due dottrine filosofiche che vigevano: l'epicureismo e lo stoicismo.Secondo la prima filosofia, l'uomo doveva ricercare l'equilibrio interiore, raggiungibile attraverso la serena padronanza di sé di fronte alle cose, nel soddisfacimento dei propri bisogni e nel godimento del piacere, e attraverso la liberazione dal timore della divinità e della morte.
La filosofia stoica, invece, sosteneva come virtù  quella dell' autocontrollo e del distacco dalle cose terrene, ottenuta esercitando il dominio sulle proprie passioni. Perciò il termine "qualitas" indicava concetti diversi da una filosofia all'altra: ciò che era considerata una qualità positiva per l'epicureismo, come i piaceri terreni non lo sarà stata per lo stoicismo, che al contrario li condannava.

Analizzando, invece, il concetto di "qualità" nella storia della filosofia, vediamo che molti pensatori lo hanno definito in modi diversi. La quantità secondo la definizione aristotelica è quel concetto indicato dal termine πόσον (poson, ovvero "quanto") che esprime la misura della sostanza del mondo fisico. Inoltre, la quantità è una delle categorie fondamentali che esprime la proprietà per cui ogni singolo ente può essere sottoposto ad una misura eventualmente numerica. Sempre secondo Aristotele, vi sono le quantità discrete, come i numeri e le parti del discorso, indivisibili e le quantità continue, come le grandezze geometriche, il movimento e il tempo, che possono invece essere divise all'infinito.
Successivamente Kant tratterà della quantità definendola come categoria, appartenente cioè alla formulazione logica del pensiero, e nello stesso tempo come forma a priori trascendentale, costitutiva cioè, con l'attività discriminante dell'intuizione, dei fenomeni. La categorie della quantità e della qualità Kant le chiama categorie "matematiche" perché definiscono con precisione numerica i dati sensibili oggetto dell'intuizione pura. Le altre categorie, cioè quelle della relazione e della modalità, che egli chiama "dinamiche" riguardano il rapporto che l'intelletto raggruppante o determinante riesce a stabilire tra i fenomeni che provengono dall'intuizione.
La moderna scienza galileiana della natura riprende e accetta questa distinzione che successivamente verrà teorizzata da John Locke nella differenziazione di "qualità primarie", oggettive come quelle caratteristiche che appartengono di per sé ai corpi (l'estensione, la figura, il moto ecc.) e "qualità secondarie", soggettive (colori, suoni, odori, sapori ecc.) che non sono inventate ma che non hanno corrispondenza nella realtà.

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